AEC: un accordo sulla pelle degli operatori e degli utenti

Dopo oltre due mesi, nei quali gli operatori sono rimasti senza stipendio, a causa dei ritardi nell’erogazione degli ammortizzatori sociali, e i bambini disabili non hanno avuto alcuna assistenza, l’8 maggio scorso l’Assessorato alle Politiche Sociali ha sottoscritto un accordo “per l’approvazione di misure urgenti relative al servizio OEPA di Roma Capitale”, soltanto con i sindacati confederali, escludendo le Organizzazioni Sindacali di base e il Comitato Romano AEC, che rappresentano una parte consistente degli operatori.

L’accordo prevede che il servizio di inclusione scolastica venga convertito in supporto alla didattica a distanza o in prestazione individuale domiciliare. In sostanza si torna al punto di partenza.

Subito dopo la chiusura delle scuole, stabilita dal governo il 5 marzo, l’Assessora Veronica Mammì aveva deliberato la riconversione delle ore di assistenza in servizio domiciliare, ma aveva subito dovuto tornare sui suoi passi, convenendo che il servizio domiciliare non è in alcun modo assimilabile al servizio di inclusione scolastica, che deve essere svolto all’interno della scuola e nelle attività scolastiche, in collaborazione con l’insegnante di sostegno e in relazione con la classe, e che non sarebbe stato possibile garantire la sicurezza, data l’impossibilità di rispettare il distanziamento interpersonale.

Nelle settimane successive il Comitato ha più volte cercato di contattare l’Assessorato, mettendosi a disposizione per cercare delle soluzioni condivise, che potessero garantire, al contempo, l’assistenza e la sicurezza, ma non ha ottenuto alcuna risposta. Oggi scopriamo che l’Assessora ha preferito trattare solo con i sindacati sedicenti “maggiormente rappresentativi”, ignorando le istanze di una larga parte delle operatrici e degli operatori, che non si sentono rappresentati da tali organizzazioni.

L’accordo prevede che le prestazioni domiciliari possano avvenire solo “con il pieno accordo delle famiglie e degli operatori”; è evidente, tuttavia, che gli operatori potranno facilmente essere sottoposti al ricatto della perdita del lavoro o di un eventuale trasferimento, aspetto che i firmatari, CGIL, CISL e UIL, non hanno considerato, avendo evidentemente perso totalmente il contatto con i lavoratori.

Sembra, inoltre, che né l’Assessorato né le organizzazioni firmatarie abbiano grande dimistichezza con la realtà del servizio: è chiaro, infatti, che la relazione con il bambino sarebbe gravemente inficiata dalle modalità in cui dovrebbe concretamente svolgersi l’assistenza domiciliare, con l’uso di mascherina, guanti, occhiali e camice.

Infine, visto che nell’inerzia dell’Amministrazione Capitolina, i singoli municipi avevano cominciato a provvedere autonomamente alla riprogettazione del servizio con una serie di provvedimenti eterogenea e variegata, la “flessibile applicazione delle modalità” prevista nell’accordo rischia di attuare disparità di trattamento notevoli sia tra gli operatori e che tra gli utenti.

Questa situazione ha reso più che mai evidente che l’esternalizzazione dell’inclusione scolastica, come degli altri servizi pubblici, basate sulla logica del taglio dei costi, è fallimentare e ingiusta, in quanto mina i diritti dei lavoratori e degli utenti. L’unica soluzione è l’internalizzazione!

La CUB di Roma sostiene la lotta degli operatori e chiede la ripresa del tavolo tecnico con la Giunta Capitolina per l’internalizzazione del servizio.

CUB Sanità di Roma e Provincia – info@cubroma.it