Report assemblea “100% salute e sicurezza nel lavoro sociale al tempo del covid”

Riceviamo e pubblichiamo il report dell’assemblea online del 5 dicembre “100% salute e sicurezza nel lavoro sociale al tempo del covid”.

L’incontro del 5 dicembre su salute e sicurezza nasce dalla volontà della Rete IOS di continuare il cammino di lotta, riflessione e dibattito di cui l’assemblea del 12 settembre a Bologna e lo sciopero del 13 novembre hanno rappresentato delle tappe fondamentali.
Per proseguire il percorso intrapreso dalla rete iOS di condivisione di saperi e coordinamento di pratiche di organizzazione; per discutere le strategie per rivendicare un welfare interamente in mani pubbliche, con contratti omogenei ed equiparati al pubblico impiego, abbiamo programmato una serie di assemblee pubbliche (on line) per i prossimi mesi a cui invitiamo tutt* a partecipare:
• sabato 5 dicembre 2020: 100% di salute e sicurezza ai tempi del Covid
• sabato 23 gennaio 2021: 100% salario verso un unico contratto
• sabato 6 febbraio 20121: 100% qualità e dignità per gli operatori del welfare
Siamo determinati a continuare questo percorso collettivo che rende, per la prima volta, gli operatori e le operatrici sociali protagonisti delle riflessioni che riguardano il lavoro socio-educativo. Vogliamo essere artefici della tutela dei nostri diritti da un lato, e di quelli delle soggettività fragili con cui lavoriamo quotidianamente dall’altro, e per questi motivi abbiamo sentito l’urgenza di iniziare a confrontarci sul tema di salute e sicurezza, proprio a fronte del contesto pandemico che viviamo da quasi un anno. Una crisi sanitaria che espone a gravi rischi di contagio sia gli assistiti, data la loro vulnerabilità, sia gli operatori del settore socio-educativo che, pur fornendo servizi pubblici essenziali, lavorano in un sistema di appalti a ribasso che hanno conseguenze negative anche in termini di salute e sicurezza.
L’assemblea del 5 dicembre si è aperta con l’invito a costruire anche nel terzo settore una cultura che ponga al centro il diritto alla salute e alla vita, e che si contrapponga a logiche di risparmio e di semplificazione amministrativa, frequenti negli appalti e nelle cooperative per cui lavoriamo.
Una cultura della salute e della sicurezza che necessità di protagonismo e di capacità organizzativa dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, sia attraverso la denuncia di situazioni di irregolarità, mancanze e abusi da parte degli stessi operatori, sia dotandoci di strumenti sindacali che hanno il compito di vigilare sulle condizioni lavorative degli operatori, come l’elezione di RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale), RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria) e RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) azienda per azienda.
Se il primo fattore per far partire la macchina della sicurezza siamo noi, le/gli RLS costituiscono una figura fondamentale che, scelta ed eletta dai lavoratori, vigila sui doveri dei datori di lavoro in materia di salute e sicurezza che sono: formare, informare e addestrare i lavoratori.
Ad oggi però questi doveri, il cui adempimento è prerogativa delle cooperative sociali, risultano carenti nonostante la valutazione del rischio nel nostro settore sia particolarmente delicata.
Valutare il rischio nel settore socio-educativo-assistenziale significa infatti tenere in considerazione una gamma di fattori particolari a cui gli operatori sociali sono sottoposti quotidianamente come il sollevamento e lo spostamento di utenti invalidi, l’esposizione al rischio biologico, il lavoro a domicilio e lo stress lavorativo dovuto alla complessa gestione delle relazioni con l’utenza e le stesse cooperative. Nel lavoro concreto invece questi elementi non vengono valutati correttamente e vi si aggiungono alcune inefficienze organizzative che pesano ulteriormente sui lavoratori come la scarsità di ausilii, l’assenza di controlli sull’idoneità dei domicilii in cui i servizi vengono svolti, la mancanza di supervisione per gli operatori e di un costante supporto psicologico per le famiglie degli assistiti. Inoltre il reperimento dei DPI costituisce un fattore problematico per gli operatori che devono recarsi continuamente nella sede della cooperativa per l’approvvigionamento. Un problema di distribuzione dunque legato a doppio filo con la natura in appalto della nostra attività: si lavora in servizi pubblici essenziali ma la fornitura di DPI è in carico alla cooperativa che chiede al lavoratore di reperirli in sede in orario extra-lavorativo. Pertanto abbiamo visto colleghi che hanno acquistato mascherine e DPI di tasca propria a causa della difficoltà di recarsi, fuori l’orario lavorativo, nelle sedi cooperative, tragitto e tempo per lo spostamento non retribuiti dal datore di lavoro. Ancora una volta ci siamo trovati a scegliere arbitrariamente tra salute e sicurezza e salario, non preoccupandosi le cooperative di consegnare i DPI direttamente sui luoghi di lavoro.
L’azienda deve infatti mettere a disposizione del lavoratore le migliori condizioni di lavoro affinchè il servizio possa essere svolto in sicurezza e possa essere detto di qualità e professionalità.

Lavoriamo in un settore che ha alla base la relazione con l’altro e l’inclusione scolastica, sociale e comunitaria,  pertanto la pandemia ha sicuramente reso difficili molte attività previste dal nostro lavoro ma avrebbe dovuto prevedere da parte dei datori di lavoro e degli enti comittenti una pianificazione organizzativa che tenesse conto della salute e dei diritti degli operatori e dell’utenza.
Una vera ripianificazione e riorganizzazione non c’è stata e quotidianamente ci troviamo a far fronte ad inefficienze che gravano su di noi, l’anello debole di un sistema di appalti che gioca a ribasso anche in questa pandemia. Per fare un esempio i servizi domiciliari sdoganano le situazioni di rischio venendo effettuati in un domicilio privato e privo di controllo, la situazione pandemica avrebbe invece dovuto porre ancor più attenzione a queste situazioni spingendo gli enti preposti a prevedere un’attenta attività di vigilanza sulla sicurezza di questa tipologia di lavoro e sullo stato
igienico-sanitario dei domicilii. Se pensiamo invece al servizio educativo scolastico abbiamo visto educatori che hanno continuato a lavorare sostituendo colleghi in scuole diverse dalla propria, nonostante la classe in cui prestano servizio fosse in quarantena; negando a questi operatori la possibilità di effettuare un tampone insieme al personale scolastico.
Con il Covid 19 l’attività di vigilanza da parte degli Enti preposti è per lo più saltata a causa della promozione dello smart-working nel pubblico impiego e per la mancanza di personale, sicuramente insufficiente per reggere il carico di lavoro previsto dal monitoraggio e dalla vigilanza di situazioni particolari nel nostro settore, come servizi a domicilio, RSA e CDD per citarne alcuni.
In risposta alla mancanza di vigilanza di un settore particolarmente delicato come il nostro, gli enti preposti come Prefettura e Ausl sono corsi al riparo con la stesura di protocolli che si sono mostrati per lo più come elenchi di DPI senza prevedere la spiegazione del loro utilizzo o chiare procedure di gestione di situazioni a forte rischio come quelle residenziali e diurne. L’elaborazione di procedure da attuare in caso di positività degli utenti e/o del personale è stata lasciata ai datori di lavoro e nel migliore dei casi agli enti sanitari locali che non sempre si sono mostrati all’altezza del compito, esponendo in alcune occasioni gli operatori a rischi e stress lavorativi altissimi.
È mancata dunque una chiara regia pubblica sulla gestione del lavoro nel nostro settore che prevedesse limpide procedure fornite alle strutture e ai dipendenti, e una codificazione unitaria della formazione Covid.
Mentre infatti la legislazione prevede una regolamentazione della formazione sulla sicurezza generale e specifica, sulla formazione Covid abbiamo visto una generale difformità nel sia in termini di tempo dedicato a questo corso sia sui contenuti. Crediamo quindi che un’ora di formazione sul Covid, magari svolta all’esplosione della pandemia, non sia sufficiente ma che sia necessario normare e unificare la formazione specifica Covid rivolta a tutti gli operatori del settore.
Parlare di sicurezza non significa solo ricevere dotazioni concrete (guanti e mascherine) o protocolli che assumono per lo più la forma di elencazioni di DPI ma significa chiedere una riorganizzazione del lavoro che ponga al centro il diritto alla salute di tutti, il lavoro in sicurezza, il diritto alla cura e all’assistenza della disabilità.
Per riorganizzazione del lavoro intendiamo la progettazione e la conseguente realizzazione di cambiamenti nei luoghi di lavoro, la tracciabilità dei casi, la pianificazione di un intervento di vigilanza di settore, l’individuazione di chiare responsabilità nei contesti lavorativi, la definizione di percorsi formativi e di aggiornamento permanente degli operatori e delle operatrici a carico dei datori di lavoro, l’assunzione di un maggior numero di operatori nei servizi socio-assistenziali-educativi.

Per quanto poi riguarda il contesto scolastico, dove gli operatori e le operatrici dipendenti delle cooperative,  assicurano il diritto all’istruzione a ragazzi e bambini diversamente abili, andrebbe fatto un discorso ad hoc che chiama in causa il sovraffollamento delle classi, la manutenzione dei plessi scolastici e la stessa organizzazione del servizio educativo. La soluzione degli “educatori di plesso”, presente negli appalti più avanzati in alcune città, ad esempio, sarebbe una buona modalità da estendere anche altrove, preservando la logica delle bolle per la sostituzione dei colleghi assenti.

Inoltre dove il diritto alla scuola è stato assicurato a tutte le disabilità attraverso la didattica in presenza nei plessi scolastici anche quando le classi fossero in DAD, abbiamo constatato che il lavoro educativo si svolgesse in situazioni igienico-sanitarie sicure e costantemente monitorate.
Non sono pochi i casi di operatori scolastici e sociali che hanno dovuto effettuare un tampone privatamente a spese loro per tornare al lavoro in sicurezza, mostrando ancora una volta come in una pandemia ci siano lavoratori di serie A e B.
L’assemblea del 5 dicembre su salute e sicurezza ha rappresentato un primo momento di confronto tra operatori e operatrici di diverse realtà, ma ha anche significato un occasione per individuare delle proposte per affrontare il tema della salute e sicurezza a livello nazionale e territoriale:
–  richiesta di intervento efficace di vigilanza nel settore
– normazione della formazione specifica Covid come oggi avviene per la formazione generale e specifica sulla sicurezza
–  elezione di RLS nelle aziende cooperative                                                                                                                                       – supervisione e supporto psicologico per gli addetti del settore
– fornitura di DPI direttamente nei luoghi di lavoro
– tamponi gratuiti cadenzati per tutti gli operatori
– riorganizzazione del servizio educativo scolastico attraverso l’educatore di plesso per assicurare il meccanismo delle bolle.
– interventi strutturali sulle scuole e abbattimento del sovraffollamento delle classi riducendo il numero degli studenti per classe.

Rete IOS

Intersindacale Operatori Sociali