Il Paese sconta ormai due anni di emergenza pandemica e le inadempienze del Governo sono sotto gli occhi di tutti poiché i vecchi mali sono ancora lì mentre molto altro è peggiorato. Tutto ciò nonostante tante promesse e altisonanti dichiarazioni di principi come quelle contenute nel “Patto per la scuola al centro del Paese”, il cui unico effetto è stato quello di sedare, con la complicità dei sindacati firmatari, il malcontento di lavoratori e utenti.
Le classi sono sempre troppo numerose, la precarietà impazza e i concorsi non coprono nemmeno il turn over, circa 80.000 insegnanti di ruolo sono privati del diritto alla mobilità, le procedure di assunzione dei supplenti sono farraginose e si basano su algoritmi approssimativi e troppo complicati, il contratto è scaduto da 3 anni e il precedente era stato rinnovato con aumenti netti medi di 40 euro al mese dopo 10 anni di blocco salariale, i locali sono sempre fatiscenti poiché quasi un edificio su due non dispone di certificazione di sicurezza (collaudo statico, agibilità, prevenzione incendi). Un governo schizofrenico allenta le misure anticovid nelle scuole (distanziamenti, tracciamenti, quarantene, ecc…) e, assurdamente, impone l’obbligo vaccinale per una categoria che è già vaccinata al 95%!
La realtà è che l’istruzione pubblica non interessa i molti governi che si sono avvicendati alla guida del Paese, visto che da oltre 30 anni l’Italia destina alla sua scuola circa il 3,5% del PIL mentre la media dei paesi OCSE viaggia attorno al 5%. Una differenza che vale circa 24 miliardi all’anno e che determina il progressivo deterioramento del sistema istruzione e vanifica gli sforzi di chi vi lavora! Il cosiddetto “governo dei migliori” non è da meno, e nel suo disegno di legge di bilancio sottrae risorse alla scuola mentre regala soldi a confindustria: almeno 8 miliardi alle imprese e solo 400 milioni alla scuola. Inoltre vuole attuare l’autonomia differenziata che porterebbe all’istruzione regionalizzata con gli stessi danni già prodotti nella sanità mentre Bianchi minaccia ulteriori “riforme”, come se alla nostra scuola non fosse bastata la cura iniziata da Berlinguer e proseguita da Moratti, Fioroni, Gelmini e Renzi. Una cura feroce a base di minori risorse economiche e continue prescrizioni normative che, lungo il percorso di trasformazione dell’istruzione in merce e delle scuole in aziende, ha ridotto il paziente alla fame e all’ossessione burocratica.
Perciò la misura è colma e rinnoviamo l’invito alla mobilitazione per cambiare questo stato di cose. Proseguendo il percorso di lotta che ci ha portato allo sciopero dello scorso 11 ottobre e alla giornata nazionale di protesta del prossimo 4 dicembre, abbiamo proclamato lo sciopero nazionale della scuola per il 10 dicembre e invitiamo tutte e tutti ad aderirvi e a partecipare alle manifestazioni che si terranno in diverse città.
IL 10 DICEMBRE FERMIAMO LA SCUOLA E MANIFESTIAMO PER AVERE:
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il rinnovo immediato del CCNL adeguando gli stipendi del personale alla media europea con un significativo e generalizzato recupero del loro potere d’acquisto;
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una vera parità di diritti e salario nei diversi livelli d’istruzione e tra il personale precario e non;
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adeguare permanente alla media OCSE il finanziamento del comparto istruzione;
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ridurre strutturalmente gli alunni per classe (massimo 20; 15 con alunni diversamente abili);
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favorire la vaccinazione volontaria, rendere gratuiti i tamponi per l’accesso ai luoghi di lavoro;
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tutelare la salute di tutti con efficaci misure di protezione, contenimento e controllo dei contagi;
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garantire e stabilizzare l’organico Covid docente a ATA;
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abrogare i vincoli pluriennali alla mobilità per i docenti neo assunti o trasferiti;
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eliminare il precariato assegnando in forma stabile ogni posto disponibile in organico, stabilizzando i colleghi con almeno 36 mesi di servizio, attivando percorsi abilitanti straordinari e concorsi abilitanti sia per le discipline curricolari che per il sostegno;
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superare le storture introdotte con l’informatizzazione delle graduatorie di supplenza e l’uso di algoritmi approssimativi e inefficienti;
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fermare l’autonomia differenziata e ogni idea di regionalizzazione per affermare invece l’uguaglianza dei diritti e dei servizi su tutto il territorio nazionale;
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affermare, una vera democrazia sindacale che restituisca ai lavoratori la facoltà di decidere su contratti, rappresentanza, diritto di sciopero.