Nonostante l’esultanza dell’ormai ex Ministro del Lavoro per il “boom” delle conversioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, a leggere bene i dati pubblicati oggi dall’Istat, emerge uno scenario davvero poco rassicurante.
Rispetto al 2018 le assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite di 158.000 unità. Sono aumentate le trasformazioni, ma l’aumento dei contratti a tempo indeterminato non compensa la riduzione dei contratti a termine.
Va inoltre considerato che i dati sull’occupazione comprendono anche la cassa integrazione: a luglio le ore di CIG sono aumentate del 33,5% rispetto allo stesso mese del 2018. L’economia è stagnante da anni e non dà segnali di ripresa.
Il dato più allarmante, però, riguarda il numero delle ore lavorate: il rapporto sul PIL evidenzia, nel secondo trimestre 2019, una riduzione delle ore lavorate pari allo 0,1%. Ciò dimostra ancora una volta che la nostra economia si regge sullo sfruttamento, sul lavoro povero e poco tutelato, su contratti di lavoro di poche ore settimanali. Si tratta di famiglie che, pur avendo un reddito, non riescono a uscire da una condizione di povertà, non possono garantirsi cure sanitarie e istruzione.
È più che mai necessario rilanciare un percorso di lotta per ostacolare e rovesciare il processo che ha ampliato le disuguaglianze sociali ed economiche. Solo la determinazione, l’unità e la solidarietà delle lavoratrici e lavoratori, organizzati nel sindacato conflittuale e indipendente, può aprire la prospettiva di un reale cambiamento. Lo sciopero generale del 25 ottobre è un tassello di questo percorso.