Lo scorso 23 Marzo, il tribunale di Roma ha condannato la compagnia aerea, nata dalle ceneri di Alitalia, a risarcire due lavoratrici che si erano rivolte al giudice del lavoro dopo essere state escluse dal piano di assunzioni perché incinte.
Le due lavoratrici, assistenti di volo da oltre 10 anni, avevano regolarmente inviato la propria candidatura, ma non erano nemmeno state chiamate. La stessa situazione si era verificata per almeno altre 7 donne, tutte in gravidanza o che avevano appena partorito.
Secondo il giudice “è accertato che la società Ita ha adottato un comportamento discriminatorio nelle assunzioni escludendo completamente le lavoratrici in gravidanza”.
Finora la compagnia ha assunto oltre la metà del personale previsto nel piano di assunzioni e, delle 412 assistenti di volo assunte, nessuna è andata in astensione obbligatoria. Un dato non compatibile con le statistiche relative alle donne in età fertile.
Sembra, inoltre, che, rispetto ad Alitalia, la nuova compagnia abbia ridotto di circa 14 punti il personale femminile di cabina, con un calo del 46% nella fascia 36-40 anni e del 38% nella fascia 41-45.
Curioso che non se ne siano accorti i sindacati (Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto aereo) che hanno firmato l’accordo per il piano assunzionale di ITA e i cui dirigenti sono stati assunti in massa dalla NewCo.
E non è l’unica discriminazione messa in atto dalla società guidata da Altavilla: oltre ad aver aggirato l’art.2112 del codice civile, che tutela i lavoratori nelle cessioni d’azienda, la compagnia ha adottato criteri poco trasparenti nella selezione del personale, senza alcuna considerazione per le lavoratrici con carichi familiari e soprattutto con figli disabili.
Questi comportamenti sono vergognosi, tanto più per una società interamente pubblica! ITA, infatti è al 100% del MEF, lo stesso Ministero che l’8 Marzo tingeva di viola la propria facciata, a simboleggiare “la giustizia e la dignità per le donne”.
Le affermazioni del Governo sull’impegno nel ridurre le disparità di genere si sono rivelate, finora, solo parole. Non sarà il PNRR a regalarci la parità, come Draghi intende farci credere.
É necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a riconoscere e combattere le discriminazioni!
CUB Donne