Lucia Azzolina, fingendo di essere una signora qualunque ha recentemente dichiarato che “vorrebbe adeguare gli stipendi dei docenti italiani a quelli europei, a partire dai maestri”. Poiché a noi non sfugge che, invece, Azzolina è la ministra dell’istruzione in carica, andiamo a vedere non quello che dichiara di volere, ma ciò che fa.
- La Legge di Bilancio per il 2021, predisposta dal suo governo, ha stanziato 400 milioni di euro in più per il rinnovo del contratto di tutti i dipendenti pubblici.
- Questi fondi si sommano ad altre risorse già previste nelle precedenti leggi di bilancio:
- 100 milioni per il 2019,
- 750 milioni per il 2020,
- 375 milioni dal 2021.
Poiché i dipendenti dello Stato sono circa 3,5 milioni, si può calcolare che l’attuale governo “giallo rosso” e il precedente “giallo verde” (Azzolina sempre presente) hanno previsto aumenti lordi mensili medi di 24,2 euro nel 2019, 38,4 euro dal 2020, 83 euro dal 2021.
Considerando che i valori ricavati sopra sono medi e che gli stipendi della scuola sono i più bassi del pubblico impiego, un calcolo approssimativo ci permette di dire che, a regime, si arriverà a circa 100 euro/mese (lordi), cioè ad aumenti netti in busta che oscilleranno tra 40-60 euro mensili.
Una miseria che, a fronte di stipendi sostanzialmente fermi da 12 anni, non sarà neppure elargita senza indugi, visto che lo stesso Conte ha dichiarato che il rinnovo dei contratti pubblici non è all’ordine del giorno.
Per avere invece un’idea chiara circa l’urgenza di un effettivo riallineamento dei nostri stipendi è utile consultare il recente studio Eurydice (set. 2020) intitolato “Teachers’ and school heads’ salaries and allowances in Europe 2018/19”. Ne emerge con grande evidenza sia il basso livello a inizio carriera, sia il fatto che permangano costantemente al di sotto della media fino al pensionamento. Come si vede nella tabella sottostante che considera i 6 paesi fondatori dell’UE più Spagna e Inghilterra, gli stipendi iniziali sono in Italia del 34% inferiori alla media. Tale divario cresce subito e, dai 10 anni a fine carriera, si mantiene attorno al 40%!
Ne emerge anche, aggiungiamo noi, l’incapacità di tutela reale (e l’oggettiva corresponsabilità) delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti di lavoro.
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